domenica 1 dicembre 2013

Assemblea dei soci

Martedí 17/12/2013 alle ore 20:30 prima convocazione, ed alle ore 21:00 in seconda convocazione, avrá luogo l'assemblea dei soci con il seguente ordine del giorno:

-Approvazione bilancio 2012/13
-Varie ed eventuali.

martedì 15 ottobre 2013

POLIEDRICA: conferenze con Alessandro Barison ed Alessandro Sieni

Dopo essere stati colleghi alla radio, i due Alessandri si cimenteranno in questa nuova esperienza di dibattito pubblico.
Anche tu puoi partecipare alla discussione. Essa prevede due aree tematiche fondamentali per venerdí 18 ottobre:
-LE RELAZIONI BIGOTTE ED IL VALORE DI CHI OSA NEL TESSUTO SOCIALE.
-PERCHÉ NON CONVIENE PIÙ BACIARE I BANCHI E STRAPPARSI I CAPELLI.
Per i tesserati Mana e Csi l'ingresso é consentito ad offerta libera in apposita cassettina.
Per i non tesserati l'ingresso é consentito previo tesseramento al costo di 17 euro.

venerdì 4 ottobre 2013

venerdì 27 settembre 2013

YOGA: tutti i lunedí dalle 17:45 alle 19:15

Yoga significa unione di corpo, mente e spirito. Questa unione viene raggiunta attraverso le posizioni chiamate asana che aumentano l'elasticità del corpo, lo rinforzano migliorando la postura e liberando il corpo da stress e tensioni nascoste che molto spesso indeboliscono e minacciano il nostro stato di salute.  L' elemento fondamentale nella pratica dello Yoga è la respirazione, che accompagna l'esecuzione di tutte le asana. Possiamo restare senza cibo per molti giorni, senza acqua per pochissimi giorni ma senza respirare duriamo pochissimi minuti. L'obiettivo è migliorare la nostra respirazione per permettere al nostro organismo di rigenerarsi e riuscire così a trovare nuove energie per affrontare la vita.  La sinergia tra respirazione, movimento e concentrazione permette di raggiungere un miglior stato di salute e di serenità mentale a chi pratica Yoga, favorendo così una maggior consapevolezza delle proprie potenzialità."

giovedì 8 agosto 2013

Shiatsu: presentazione del corso 2013/2014

Martedì 17 settembre 2013, ore 21:00 a Mestrino.


Buona giornata a tutti.
Per l'anno 2013/14 ci sono diverse novità didattiche nella nostra proposta. Alcune sono:

  • il corso potrà essere frequentato a scelta fra diversi giorni e diversi orari,
  • introduzione dei moduli annuali circolari,
  • introduzione di elementi della cultura tradizionale giapponese.
Ne parleremo insieme con maggiore dettaglio alla presentazione del corso che avverrà martedì 17 settembre 2013 alle ore 21:00. Siete invitati a venire con un paio di ciabatte e degli abiti comodi. E' gradita la prenotazione attraverso gli indirizzi di contatto che trovate sulla locandina sottostante.

A presto.
Alessandro Barison


martedì 23 luglio 2013

SHOHO GEIKO

Stage di aikido a cura di Andrea De Biasi Sensei. Aperte le iscrizioni.

lunedì 15 luglio 2013

Assemblea dei soci

É convocata l'assemblea dei soci per il giorno giovedí 25 luglio 2013 alle ore 21:00 in prima covocazione, alle ore 21:30 in seconda convocazione, con il seguente ordine del giorno:

- attivitá per l'anno 2013/2014
- enti di promozione sportiva per l'anno 2013/2014
- proposte di nuovi consiglieri
- idee, punti di vista, proposte dei soci
- nuove modalitá di tesseramento
- varie ed eventuali.

L'assemblea si terrá presso la sede legale dell'associazione in via Misurina 1, 35035, Mestrino (PD).

lunedì 24 giugno 2013

Lezione di AIKIDO con PAOLO SALVADEGO SHIHAN


La partecipazione è aperta a tutti, anche ai principianti. E' necessario munirsi di dogi o di abiti comodi. Il costo della lezione è di 10 euro.
Con l'occasione ricordiamo che le lezioni di aikido continueranno per tutto il mese di luglio, il lunedì dalle 19.30 alle 21; è possibile pagare la quota mensile o la lezione singola.


mercoledì 5 giugno 2013

AIKIDO ED AIKISHINTAISO Lezioni dimostrative con Marco Favretti Sensei

Gratuitamente, l'Arte Marziale che mantiene vivi i principi piú nobili ed etici dell'antico Budo, seguita dal suo approfondimento di esercizi d' integrazione tra corpo e spirito. Dalle 19:30 alle 21:00 Aikido, dalle 21:00 alle 22:15 Aikishintaiso. É possibile frequentare anche una singola lezione. Si consiglia la partecipazione ad entrambi. Sono necessari abiti comodi od un dogi (kimono).

sabato 1 giugno 2013

KINESIOLOGIA DELL' "INCONSCIO" Presentazione corso con Alessandro Sieni


La Kinesiologia applicata è una tecnica attraverso la quale è possibile determinare in modo preciso e completo lo stato di salute di un organismo. Si basa su un meccanismo di tipo binario ( positivo-negativo 1-0 ) che coinvolge nella sua espressione fisica i muscoli del corpo attraverso un circuito neuromuscolare. La risposta all’imput dato dall’operatore al corpo del soggetto per la ricerca della causa di un determinato problema, parte infatti dal cervello del soggetto stesso che invia un impulso nervoso al muscolo il quale si contrae o decontrae a seconda dell’esito di tale risposta. Questa procedura, essendo basata su un sistema binario, fa della semplicità e immediatezza il suo punto di forza dando la possibilità di ricavare, rispetto al soggetto che si stà esaminando, una quantità di informazioni virtualmente infinita.

Attraverso questa tecnica è possibile stabilire quali siano i principali scompensi organici di un soggetto; si potranno quindi individuare quali organi o apparati disfunzionano nel caso in cui la persona abbia dei sintomi non chiari e se tale disfunzione è di origine psicosomatica ( come somatizzazione di un conflitto emotivo ) oppure è di natura specificamente organica richiedendo quindi un approfondimento specifico attraverso esami medico-clinici particolareggiati che diverranno di pertinenza strettamente medica. La precisione delle informazioni rilevabili attraverso il Test kinesiologico è assimilabile a quella ottenibile con una Tac o una Risonanza Magnetica, con la sostanziale differenza di essere molto più rapido ( pochi secondi ) e privo di effetti collaterali o di alcuna invasività. E' inoltre possibile testare la compatibilità organica del soggetto con gli alimenti (rilevando eventuali intolleranze alimentari ) o con rimedi o sostanze di vario tipo (rimedi omeopatici,preparati fitoterapici, fiori di bach, tinture madri, integratori alimentari, ecc.) permettendo quindi di poter scegliere sempre e comunque il rimedio o l'alimento più adatto alla persona.

Tale caratteristica risulta particolarmente utile nel caso della scelta di alimenti o rimedi per i bambini. Kinesiologia dell’ “ Inconscio “ è un nuovo modo di avvicinarsi a questa tecnica e affonda le sue basi nelle più recenti acquisizioni della Fisica Quantistica. La sua caratteristica principale è rappresentata dal fatto di unire tutte le caratteristiche appena descritte con l'analisi di ambiti sottili,e per l’appunto inconsci della persona. Dà la possibilità,attraverso il contatto con il corpo,di percepire come esso sia animato da una coscienza profonda capace di portarci a comprendere il vero significato del nostro disagio, fisico o emotivo che sia. E questo attraverso un metodo sempre più semplice ed immediato.

Alessandro Sieni nasce a Treviso il 20 Maggio 1967. Dopo aver conseguito il diploma classico inizia un percorso di esperienza ospedaliera nel quale scopre come il contatto con le persone in quell’ambito sia assolutamente privo di ….tatto. Questo lo spingerà a cambiare i propiobbiettivi alla ricerca di un modo diverso di affrontare il tema della salute e dei rapporti umani. Nel 1994 approda all’ “Accademia Nazionale di Scienze Igienistiche Naturali”di Trento dove si diploma in Naturopatia ed Iridologia nel 1998.Da qui comincia poi a sperimentare ed apprendere molte e varie tecniche di tipo olistico tra cui la cromopuntra di Mandel, l’E.F.T.,la Musico Terapia,la Bioenergetica di Lowen e la Kinesiologia Applicata.Oltre a svolgere la sua attività con l’Analisi Bioenergetica di Lowen,organizza seminari sulla Kinesiologia Applicata di 3° livello e sullo sviluppo dell’autocoscienza.

martedì 21 maggio 2013

Meditazione di RIELABORAZIONE DEL PASSATO


Giovedì dalle 21.10 alle 23.00 a Mestrino, Via Misurina 1 35035 PD


SERVE SOLO UNA COPERTA ED UN CUSCINO. Un rilassamento guidato, scandito dal suono di un tamburo, che ci aiuterá ad attingere dalle nostre risorse interiori. La partecipazione é consentita previa offerta libera e responsabile.

lunedì 8 aprile 2013

Aikishintaiso Stage sabato 20 e domenica 21 aprile 2013



aikishintaiso è la pratica personale che accompagna lo studio dell´aikido. Non è possibile infatti far evolvere il proprio modo di mettersi in relazione con gli altri, lo scopo dell'aikido, senza lavorare su se stessi. La vera libertà proviene dalla presa di coscienza delle proprie appartenenze, culturali, familiari, naturali. Solo l´integrazione cosciente di tali appartenenze permette di arrivare alla percezione profonda della propria identità, all'intuizione del proprio cammino e dovere spirituale. La vera libertà è l'agire in accordo con la coscienza universale, la vera identità è l'aver abbandonato ogni ostacolo all'incontro con l'alterità.
Questo è in estrema sintesi il percorso dell'aikishintaiso. Il mezzo per avanzare è il lavoro con il proprio corpo. Come è tipico nelle arti marziali, si lavora sul corpo per far crescere la coscienza e risvegliare lo spirito.I primi passi del lavoro portano ad una migliore circolazione dell´energia nel corpo, ad una diminuzione delle tensioni muscolari contraddittorie, ad una migliore organizzazione posturale e ad un affinamento delle capacità propriocettive. Col tempo si modifica anche la visione di se stessi e il modo di entrare in relazione con gli altri.
L’aikishintaiso non è un’arte marziale, ma richiede ugualmente costanza e determinazione per essere praticato efficacemente.
Lo stage è aperto a tutti a tutti
, propone degli esercizi in movimento, delle posture immobili, delle forme di meditazione in movimento o immobili, delle nozioni teoriche.Si praticherà dalle ore 9 alle ore 17, sia di sabato che di domenica, con una piccola sosta per il pranzo.Per chi avesse necessità sarà possibile dormire sul tatami in palestra previo preavviso.




E' necessario munirsi di un abito comodo o di un dogi per arti marziali.

il costo sarà di 80 euro.
Info - segreteria: 380 239 8524 - ciaomana@gmail.com

Per iscrizioni potete contattarci od effettuare un bonifico a MANA A.S.D.
IBAN: IT91 U076 0112 1000 0101 1082 656

oppure effettuare una pagamento tramite bollettino come dal seguente fac-simile
IN OGNI CASO INVIARE SUCCESSIVAMENTE UNA MAIL DI AVVENUTO PAGAMENTO A
ciaomana@gmail.com

LE ISCRIZIONI ED I PAGAMENTI DOVRANNO ESSERE EFFETTUATI ENTRO E NON OLTRE GIOVEDI' 18 APRILE 2013

GRAZIE

giovedì 21 marzo 2013

Importante

LEGGE 14 gennaio 2013 , n. 4 Disposizioni in materia di professioni non organizzate. (13G00021) (GU n.22 del 26-1-2013) Vigente al: 26-1-2013 La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA promulga la seguente legge: Art. 1 Oggetto e definizioni 1. La presente legge, in attuazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione e nel rispetto dei principi dell'Unione europea in materia di concorrenza e di liberta' di circolazione, disciplina le professioni non organizzate in ordini o collegi. 2. Ai fini della presente legge, per «professione non organizzata in ordini o collegi», di seguito denominata «professione», si intende l'attivita' economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attivita' riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell'art. 2229 del codice civile, delle professioni sanitarie e delle attivita' e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative. 3. Chiunque svolga una delle professioni di cui al comma 2 contraddistingue la propria attivita', in ogni documento e rapporto scritto con il cliente, con l'espresso riferimento, quanto alla discplina applicabile, agli estremi della presente legge. L'inadempimento rientra tra le pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori, di cui al titolo III della parte II del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, ed e' sanzionato ai sensi del medesimo codice. 4. L'esercizio della professione e' libero e fondato sull'autonomia, sulle competenze e sull'indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica, nel rispetto dei principi di buona fede, dell'affidamento del pubblico e della clientela, della correttezza, dell'ampliamento e della specializzazione dell'offerta dei servizi, della responsabilita' del professionista. 5. La professione e' esercitata in forma individuale, in forma associata, societaria, cooperativa o nella forma del lavoro dipendente. Art. 2 Associazioni professionali 1. Coloro che esercitano la professione di cui all'art. 1, comma 2, possono costituire associazioni a carattere professionale di natura privatistica, fondate su base volontaria, senza alcun vincolo di rappresentanza esclusiva, con il fine di valorizzare le competenze degli associati e garantire il rispetto delle regole deontologiche, agevolando la scelta e la tutela degli utenti nel rispetto delle regole sulla concorrenza. 2. Gli statuti e le clausole associative delle associazioni professionali garantiscono la trasparenza delle attivita' e degli assetti associativi, la dialettica democratica tra gli associati, l'osservanza dei principi deontologici, nonche' una struttura organizzativa e tecnico-scientifica adeguata all'effettivo raggiungimento delle finalita' dell'associazione. 3. Le associazioni professionali promuovono, anche attraverso specifiche iniziative, la formazione permanente dei propri iscritti, adottano un codice di condotta ai sensi dell'art. 27-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, vigilano sulla condotta professionale degli associati e stabiliscono le sanzioni disciplinari da irrogare agli associati per le violazioni del medesimo codice. 4. Le associazioni promuovono forme di garanzia a tutela dell'utente, tra cui l'attivazione di uno sportello di riferimento per il cittadino consumatore, presso il quale i committenti delle prestazioni professionali possano rivolgersi in caso di contenzioso con i singoli professionisti, ai sensi dell'art. 27-ter del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, nonche' ottenere informazioni relative all'attivita' professionale in generale e agli standard qualitativi da esse richiesti agli iscritti. 5. Alle associazioni sono vietati l'adozione e l'uso di denominazioni professionali relative a professioni organizzate in ordini o collegi. 6. Ai professionisti di cui all'art. 1, comma 2, anche se iscritti alle associazioni di cui al presente articolo, non e' consentito l'esercizio delle attivita' professionali riservate dalla legge a specifiche categorie di soggetti, salvo il caso in cui dimostrino il possesso dei requisiti previsti dalla legge e l'iscrizione al relativo albo professionale. 7. L'elenco delle associazioni professionali di cui al presente articolo e delle forme aggregative di cui all'art. 3 che dichiarano, con assunzione di responsabilita' dei rispettivi rappresentanti legali, di essere in possesso dei requisiti ivi previsti e di rispettare, per quanto applicabili, le prescrizioni di cui agli articoli 5, 6 e 7 e' pubblicato dal Ministero dello sviluppo economico nel proprio sito internet, unitamente agli elementi concernenti le notizie comunicate al medesimo Ministero ai sensi dell'art. 4, comma 1, della presente legge. Art. 3 Forme aggregative delle associazioni 1. Le associazioni professionali di cui all'art. 2, mantenendo la propria autonomia, possono riunirsi in forme aggregative da esse costituite come associazioni di natura privatistica. 2. Le forme aggregative rappresentano le associazioni aderenti e agiscono in piena indipendenza e imparzialita'. 3. Le forme aggregative hanno funzioni di promozione e qualificazione delle attivita' professionali che rappresentano, nonche' di divulgazione delle informazioni e delle conoscenze ad esse connesse e di rappresentanza delle istanze comuni nelle sedi politiche e istituzionali. Su mandato delle singole associazioni, esse possono controllare l'operato delle medesime associazioni, ai fini della verifica del rispetto e della congruita' degli standard professionali e qualitativi dell'esercizio dell'attivita' e dei codici di condotta definiti dalle stesse associazioni. Art. 4 Pubblicita' delle associazioni professionali 1. Le associazioni professionali di cui all'art. 2 e le forme aggregative delle associazioni di cui all'art. 3 pubblicano nel proprio sito web gli elementi informativi che presentano utilita' per il consumatore, secondo criteri di trasparenza, correttezza, veridicita'. Nei casi in cui autorizzano i propri associati ad utilizzare il riferimento all'iscrizione all'associazione quale marchio o attestato di qualita' e di qualificazione professionale dei propri servizi, anche ai sensi degli articoli 7 e 8 della presente legge, osservano anche le prescrizioni di cui all'art. 81 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59. 2. Il rappresentante legale dell'associazione professionale o della forma aggregativa garantisce la correttezza delle informazioni fornite nel sito web. 3. Le singole associazioni professionali possono promuovere la costituzione di comitati di indirizzo e sorveglianza sui criteri di valutazione e rilascio dei sistemi di qualificazione e competenza professionali. Ai suddetti comitati partecipano, previo accordo tra le parti, le associazioni dei lavoratori, degli imprenditori e dei consumatori maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Tutti gli oneri per la costituzione e il funzionamento dei comitati sono posti a carico delle associazioni rappresentate nei comitati stessi. Art. 5 Contenuti degli elementi informativi 1. Le associazioni professionali assicurano, per le finalita' e con le modalita' di cui all'art. 4, comma 1, la piena conoscibilita' dei seguenti elementi: a) atto costitutivo e statuto; b) precisa identificazione delle attivita' professionali cui l'associazione si riferisce; c) composizione degli organismi deliberativi e titolari delle cariche sociali; d) struttura organizzativa dell'associazione; e) requisiti per la partecipazione all'associazione, con particolare riferimento ai titoli di studio relativi alle attivita' professionali oggetto dell'associazione, all'obbligo degli appartenenti di procedere all'aggiornamento professionale costante e alla predisposizione di strumenti idonei ad accertare l'effettivo assolvimento di tale obbligo e all'indicazione della quota da versare per il conseguimento degli scopi statutari; f) assenza di scopo di lucro. 2. Nei casi di cui all'art. 4, comma 1, secondo periodo, l'obbligo di garantire la conoscibilita' e' esteso ai seguenti elementi: a) il codice di condotta con la previsione di sanzioni graduate in relazione alle violazioni poste in essere e l'organo preposto all'adozione dei provvedimenti disciplinari dotato della necessaria autonomia; b) l'elenco degli iscritti, aggiornato annualmente; c) le sedi dell'associazione sul territorio nazionale, in almeno tre regioni; d) la presenza di una struttura tecnico-scientifica dedicata alla formazione permanente degli associati, in forma diretta o indiretta; e) l'eventuale possesso di un sistema certificato di qualita' dell'associazione conforme alla norma UNI EN ISO 9001 per il settore di competenza; f) le garanzie attivate a tutela degli utenti, tra cui la presenza, i recapiti e le modalita' di accesso allo sportello di cui all'art. 2, comma 4. Art. 6 Autoregolamentazione volontaria 1. La presente legge promuove l'autoregolamentazione volontaria e la qualificazione dell'attivita' dei soggetti che esercitano le professioni di cui all'art. 1, anche indipendentemente dall'adesione degli stessi ad una delle associazioni di cui all'art. 2. 2. La qualificazione della prestazione professionale si basa sulla conformita' della medesima a norme tecniche UNI ISO, UNI EN ISO, UNI EN e UNI, di seguito denominate «normativa tecnica UNI», di cui alla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, e sulla base delle linee guida CEN 14 del 2010. 3. I requisiti, le competenze, le modalita' di esercizio dell'attivita' e le modalita' di comunicazione verso l'utente individuate dalla normativa tecnica UNI costituiscono principi e criteri generali che disciplinano l'esercizio autoregolamentato della singola attivita' professionale e ne assicurano la qualificazione. 4. Il Ministero dello sviluppo economico promuove l'informazione nei confronti dei professionisti e degli utenti riguardo all'avvenuta adozione, da parte dei competenti organismi, di una norma tecnica UNI relativa alle attivita' professionali di cui all'art. 1. Art. 7 Sistema di attestazione 1. Al fine di tutelare i consumatori e di garantire la trasparenza del mercato dei servizi professionali, le associazioni professionali possono rilasciare ai propri iscritti, previe le necessarie verifiche, sotto la responsabilita' del proprio rappresentante legale, un'attestazione relativa: a) alla regolare iscrizione del professionista all'associazione; b) ai requisiti necessari alla partecipazione all'associazione stessa; c) agli standard qualitativi e di qualificazione professionale che gli iscritti sono tenuti a rispettare nell'esercizio dell'attivita' professionale ai fini del mantenimento dell'iscrizione all'associazione; d) alle garanzie fornite dall'associazione all'utente, tra cui l'attivazione dello sportello di cui all'art. 2, comma 4; e) all'eventuale possesso della polizza assicurativa per la responsabilita' professionale stipulata dal professionista; f) all'eventuale possesso da parte del professionista iscritto di una certificazione, rilasciata da un organismo accreditato, relativa alla conformita' alla norma tecnica UNI. 2. Le attestazioni di cui al comma 1 non rappresentano requisito necessario per l'esercizio dell'attivita' professionale. Art. 8 Validita' dell'attestazione 1. L'attestazione di cui all'art. 7, comma 1, ha validita' pari al periodo per il quale il professionista risulta iscritto all'associazione professionale che la rilascia ed e' rinnovata ad ogni rinnovo dell'iscrizione stessa per un corrispondente periodo. La scadenza dell'attestazione e' specificata nell'attestazione stessa. 2. Il professionista iscritto all'associazione professionale e che ne utilizza l'attestazione ha l'obbligo di informare l'utenza del proprio numero di iscrizione all'associazione. Art. 9 Certificazione di conformita' a norme tecniche UNI 1. Le associazioni professionali di cui all'art. 2 e le forme aggregative di cui all'art. 3 collaborano all'elaborazione della normativa tecnica UNI relativa alle singole attivita' professionali, attraverso la partecipazione ai lavori degli specifici organi tecnici o inviando all'ente di normazione i propri contributi nella fase dell'inchiesta pubblica, al fine di garantire la massima consensualita', democraticita' e trasparenza. Le medesime associazioni possono promuovere la costituzione di organismi di certificazione della conformita' per i settori di competenza, nel rispetto dei requisiti di indipendenza, imparzialita' e professionalita' previsti per tali organismi dalla normativa vigente e garantiti dall'accreditamento di cui al comma 2. 2. Gli organismi di certificazione accreditati dall'organismo unico nazionale di accreditamento ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, possono rilasciare, su richiesta del singolo professionista anche non iscritto ad alcuna associazione, il certificato di conformita' alla norma tecnica UNI definita per la singola professione. Art. 10 Vigilanza e sanzioni 1. Il Ministero dello sviluppo economico svolge compiti di vigilanza sulla corretta attuazione delle disposizioni della presente legge. 2. La pubblicazione di informazioni non veritiere nel sito web dell'associazione o il rilascio dell'attestazione di cui all'art. 7, comma 1, contenente informazioni non veritiere, sono sanzionabili ai sensi dell'art. 27 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni. Art. 11 Clausola di neutralita' finanziaria 1. Dall'attuazione degli articoli 2, comma 7, 6, comma 4, e 10 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Il Ministero dello sviluppo economico provvede agli adempimenti ivi previsti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta Ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Data a Roma, addi' 14 gennaio 2013 NAPOLITANO Monti, Presidente del Consiglio dei Ministri Visto, il Guardasigilli: Severino

martedì 19 marzo 2013

Tai Sinh Vo - Sabato 6 Aprile

Allenamento di Vo Co Truyen forma Lão Hổ Thượng Sơn 19 marzo 2013

Dalle ore 15.00 alle 18.00 presso l’Associazione Mana, in via misurina 1 a Mestrino (PD) si terrà un allenamento per lo studio/ripasso della forma Lão Hổ Thượng Sơn presente nel programma di Vo Co Truyen. L’ allenamento è a numero chiuso max 15 persone, la quota prevista per i soci uisp è 10€. L' evento è aperto anche ai tesserati csen ed asi, al costo di 15€. Per informazioni rivolgersi a taisinhvo@gmail.com oppure presso la segreteria mana: 380 239 8524 – ciaomana@gmail.com

martedì 12 marzo 2013

ASSOLUTISMI RELATIVI


  • Per quali motivi il relativismo sarebbe un problema?
  • Perché si afferma che a 50 anni uno non può avere solo dubbi?
  • Perché per alcune persone è di così vitale importanza considerare la verità come una ed una sola, fosse anche la verità dell’amore?
  • Quali sono i rischi derivanti da queste affermazioni?
  • Se la verità unica è l’amore, ma noi lo descriviamo attraverso rappresentazioni, possiamo parlare davvero di una sola verità?
  • Quanti riescono ad ammettere che esiste differenza tra verità e rappresentazione?
  • C’è maggior rischio di inciampare nell’arroganza esercitando relativismi od esercitando determinismi?
  • Quand’è che si rischia di farsi garanti dell’imponderabile?
  • Cos’è il relativismo assoluto?
  • Cos’è il determinismo relativo?
  • Quanto sottile è il confine tra questi concetti e l’assolutismo?
Secondo Ugo Fabietti, professore ordinario di Antropologia culturale presso la Facoltà di Scienze della formazione, e presidente della Scuola di dottorato in Scienze umane dell’Università degli Studi di Milano-bicocca.

Se il razzismo classico proponeva una visione di un’umanità “a comparti” gerarchizzati chiamati “razze”, la sua riedizione moderna non fa più riferimento a fattori di tipo biologico ancorché non manchino esempi recenti di tentativi miranti a restaurare un razzismo su basi ideologiche. Il razzismo attuale si alimenta piuttosto di un relativismo culturale estremo. Anziché presentare una visione dell’umanità a comparti gerarchizzati, il nuovo razzismo fa delle culture umane degli universi assolutamente distinti ed incomunicanti (non gli è quindi estraneo il concetto di apartheid e neppure quello di pulizia etnica). Il razzismo moderno è un razzismo culturale, de-biologizzato. Ad esso importa frammentare l’universo umano in tanti isolati per giustificare il rifiuto e l’esclusione; non è interessato ad affermare una gerarchia tra le culture, poiché tale gerarchia è già implicita nell’esclusione che esso opera in virtù del principio della differenza. […]L’antropologia odierna è, nel fondo, relativista, e per essa le culture valgono per quello che sono. Ma questo relativismo non è quello assoluto del neo-razzismo, poiché non implica né separazione né esclusione. L’atteggiamento relativista dell’antropologia coincide piuttosto con quella “sospensione del giudizio” di cui si è detto e che costituisce la premessa di ogni comprensione della differenza culturale. […]è l’uso che è stato fatto dell’antropologia ad aver portato alla legittimazione di un’immagine frammentaria dell’umanità.
Ora se trasportiamo il ragionamento ad una relazione tra individui, possiamo osservare una tendenza generale a rifiutare qualsiasi forma di gerarchia, che può anche essere una forma di comunicazione tra le parti, in virtù di una osannata uguaglianza democratica che ha alimentato l’illusione di una società formata da individui che pretenderebbero di essere gli autocrati di se stessi. Ci troviamo di fronte a delle uguaglianze che isolano, dividono ed escludono. Una società di questo tipo non può esistere come tale. Non può essere coesa. Non è di fatto in grado di operare per il benessere collettivo. Perciò si disgrega. Questo può essere un esempio del rischio presente nel relativismo estremo: l’estrema parcellizzazione sociale.
Se con la frase “a 50 anni uno non può avere solo dubbi”, si intende dire che ad una certa età e maturità bisogna avere le idee chiare almeno su qualcosa, si può anche concordare.

  • Ma chi ha detto che avere solo dubbi significhi non avere le idee chiare? 
  • Chi ha stabilito che i cosiddetti dubbiosi non abbiano una direzione da seguire nella vita?
  • La frase rappresenta un relativismo estremo o la volontà di un determinismo assoluto?
  • Dove troviamo in noi la capacità di sottoporci a quel relativismo sano, di stampo antropologico, di cui parlavamo prima?
  • E’ possibile che le nostre certezze ci facciano rifuggire da questo scomodo “essere studiati”?
Durante le scorse puntate, abbiamo spesso parlato di credenze, verità ed appartenenze che fungono da fissanti per il proprio senso di identità.

  • Se si afferma che l’amore/la verità è una sola, non c’è il rischio di perdere di vista il fatto che le rappresentazione di quella realtà unica sono infinite?
  • Se perdiamo di vista questa molteplicità, se finiamo col negarla, come stiamo agendo, con un relativismo estremo o con un determinismo assoluto?
  • Quanto in profondità può insinuarsi l’arroganza, e per quali ragioni?
Potremmo dire, secondo il nostro punto di vista, che nell’ambito sociale è molto facile confondere delle verità oggettive con delle necessità oggettive. È altresì facile scambiare una percezione del mondo con una necessità oggettiva. Categorizzare le percezioni del mondo sociale è una necessità oggettiva, per chi si serve del determinismo logico come strumento di affermazione della propria identità. In pratica si sottolineano le differenze con gli altri per stigmatizzarli e riuscire ad autocelebrare se stessi. Da qui, che cosa accadrebbe se noi fossimo due veggenti che dicono che la verità è una sola, e quella unica verità dice che gli esseri umani non possono esprimere la verità, ma solo rappresentazioni approssimative della stessa? Potremmo ben dire che un relativismo è estremo quando implica separazione ed esclusione. Ma potremmo dire la stessa cosa del determinismo. Il problema, il male cosiddetto, non è rappresentato dal relativismo o dal determinismo, bensì da tutti quei comportamenti che implicano separazione ed esclusione, siano essi relativisti o deterministi. Rinunciare alla separazione ed all'esclusione è la premessa di ogni comprensione delle differenze culturali.

Dal libro di Giuseppe Faso Lessico del razzismo democratico. Le parole che escludono, ed. Derive Approdi, 2008
Il fondamentalismo esiste, eccome. Le sue caratteristiche fondamentali sono: 
  • la convinzione che esista una verità che deve valere sia nei rapporti verticali (uomo – Dio) che in quelli orizzontali (uomo – società);
  • il tentativo di calare le norme del libro sacro (scritto o presunto) alle forme di azione sociale e politica; 
  • il trasferimento di linguaggi e concetti dal campo religioso al campo politico; 
  • la forza di mobilitazione collettiva, per cui il leader, appellandosi alla verità, richiama una collettività che si ritiene in pericolo, minacciata da un Nemico (esterno o interno), che si tende a far coincidere col Diavolo, il Male ecc. la lotta del Bene contro il Male. Questi quattro punti possiamo vederli in atto, giorno per giorno, ripetuti ossessivamente (e a diversi livelli di rozza banalità), su tutti i giornali. Una forma, non presunta, di fondamentalismo atlantico.

giovedì 7 marzo 2013

Festa della donna

Prima che i colloqui, gli incontri, i corsi e gli impegni mi assorbano, vorrei portare l'attenzione a quel principio femminile, quella fortuna donata dal cosmo, di cui MANA è benedetta. Potete solo vagamente immaginare quanto sia benefica, importante, e spesso invisibile la sua presenza. Evitiamo di darla per scontata.
CHIARA GRAZIE! GRAZIE! GRAZIE! GRAZIE! GRAZIE! GRAZIE! GRAZIE!

martedì 5 marzo 2013

Aiki Shin Taiso



L'Aiki shin taiso è una disciplina di sviluppo personale fondata sulla presa di coscienza. Ginnastica d'armonizzazione dell'energia, alterna posture, marce, movimenti, meditazioni, creando un linguaggio strutturato che si adatta alle nostre coscienze, sia mentali che corporee.
L'Aiki shin taiso, equilibrando le energie interne ed esterne, permette un buon funzionamento dell'individuo, sul piano fisico, fisiologico e psichico.
Il praticante di aiki shin taiso nel volgere di alcuni mesi constata cambiamenti importanti del proprio corpo che, reso più saldo, sciolto, energico e sensibile, diviene uno strumento di comunicazione attivo, tanto con se stessi che con gli altri, oltre che con la sfera materiale e umana.
Le capacità d'azione, decisionale, di percezione sensoriale e intuitiva, di cogliere emozioni, aumentano considerevolmente mediante la pratica quotidiana.

Domenica 10 Marzo 2013, in via Misurina 1 a Mestrino (PD), presso la sede dell'associazione MANA, il Maestro di Aikido ( 5° dan) ed Aiki Shin Taiso Marco Favretti, terrà un seminario teorico pratico di Aiki Shin Taiso, dalle 9:00 alle 12:30 e dalle 14:30 alle 16:30.
E' necessario munirsi di un abito comodo o di un dogi per arti marziali.


Per i tesserati Mana, Uisp, CSI e Libertas, il costo sarà di 55 Euro, mentre per gli esterni sarà di 90 euro.
Info - segreteria: 380 239 8524 - ciaomana@gmail.com

Per iscrizioni potete contattarci od effettuare un bonifico a MANA A.S.D.
IBAN: IT91 U076 0112 1000 0101 1082 656

ED INVIARE UNA MAIL DI AVVENUTO PAGAMENTO A
ciaomana@gmail.com

LE ISCRIZIONI ED I PAGAMENTI DOVRANNO ESSERE EFFETTUATI ENTRO E NON OLTRE GIOVEDI' 7 MARZO 2013

GRAZIE

sabato 2 marzo 2013

Amore, paura e dolore?

La nostra mente è davvero abile a trovare modi nuovi di giustificare le cazzate di sempre. La miseria si veste da missionario, e con parole dolci, suadenti e carismatiche, ci sussurra all'orecchio di continuare a coltivare la nostra contorta apologia del dolore. Non sappiamo ammettere di essere stati condizionati a pensare che
SE NON FA MALE NON É VERO, NON CONTA, NON É NÉ REALE NÉ VALIDO.
Difficile ammettere di ricercare la sofferenza perchè non sappiamo sentirci vivi diversamente. Difficile arrivare al bivio minuto dopo minuto, e voltare verso dove non si conosce. Più facile procedere nella stessa direzione di ieri, scrivendo il nome di una città mai visitata, sul cartello stradale che indica la via del noto, del trito e ritrito. Chilometri e chilometri percorsi, e non riuscire a guardarsi allo specchio.
E mi ritrovo compassionevole...prima verso la moltitudine smarrita entro le proprie certezze, e poi verso me stesso...concedendomi l'ignoto ogni giorno...è li che riesco ad incontrarmi. Mettere un tappo alla paura coi determinismi, e reprimere il relativismo, significa non volerla affrontare. Le nostre rappresentazioni mentali dell'amore non sono l'amore stesso. E se non sappiamo lasciare andare una rappresentazione dell'amore, di fronte ad una relazione, continuiamo a confondere l'amore con la paura ed il dolore.  Poichè paura e dolore saranno travestite d'amore, continueremo a coltivarli, a difenderli, ad alimentarli. É in questo modo che quotidianamente nobilitiamo scioccamente il nostro allontanare l'amore da noi, il nostro fuggirlo. Al bivio prendiamo la via del dolore e della paura, ma prima di incamminarci cambiamo la scritta sul cartello. Scriviamo Amore con la A maiuscola, e quando riusciamo a credere al nostro stesso inganno, allora riusciamo a correre entusiasti verso il disastro. Che spettacolo la complessità umana.

mercoledì 27 febbraio 2013

Corso amatoriale di Shiatsu

Martedì 5 Marzo 2013, dalle ore 15:00 alle ore 17:00, inizierà il CORSO AMATORIALE DI SHIATSU. Lo shiatsu proposto all'associazione Mana rivolge particolare attenzione allo sviluppo della sensibilità e dell'ascolto energetico. Nel corso delle 24 ore complessive del corso si esploreranno tecniche di stiramento dei meridiani, tecniche di autoshiatsu, ed alcuni katà di approccio a questa articolatissima pratica. Dal punto di vista teorico si getteranno le basi per la comprensione della Medicina Tradizionale Cinese.

Il corso si svolgerà con cadenza settimanale, tutti i martedì dalle 15:00 alle 17:00, fino al raggiungimento delle 24 ore previste.

Per gli iscritti a Mana il costo sarà di 200 euro, mentre per i non iscritti di 235 euro.

Info e prenotazioni: ciaomana@gmail.com - 380 239 8524


GRAZIE

martedì 26 febbraio 2013

Stage di Aiki shin taiso

Aiki Shin Taiso


L'Aiki shin taiso è una disciplina di sviluppo personale fondata sulla presa di coscienza. Ginnastica d'armonizzazione dell'energia, alterna posture, marce, movimenti, meditazioni, creando un linguaggio strutturato che si adatta alle nostre coscienze, sia mentali che corporee.
L'Aiki shin taiso, equilibrando le energie interne ed esterne, permette un buon funzionamento dell'individuo, sul piano fisico, fisiologico e psichico.
Il praticante di aiki shin taiso nel volgere di alcuni mesi constata cambiamenti importanti del proprio corpo che, reso più saldo, sciolto, energico e sensibile, diviene uno strumento di comunicazione attivo, tanto con se stessi che con gli altri, oltre che con la sfera materiale e umana.
Le capacità d'azione, decisionale, di percezione sensoriale e intuitiva, di cogliere emozioni, aumentano considerevolmente mediante la pratica quotidiana.

Domenica 10 Marzo 2013, in via Misurina 1 a Mestrino (PD), presso la sede dell'associazione MANA, il Maestro di Aikido ( 5° dan) ed Aiki Shin Taiso Marco Favretti, terrà un seminario teorico pratico di Aiki Shin Taiso, dalle 9:00 alle 12:30 e dalle 14:30 alle 16:30.
E' necessario munirsi di un abito comodo o di un dogi per arti marziali.


Per i tesserati Mana, Uisp, CSI e Libertas, il costo sarà di 55 Euro, mentre per gli esterni sarà di 90 euro.
Info - segreteria: 380 239 8524 - ciaomana@gmail.com

Per iscrizioni potete contattarci od effettuare un bonifico a MANA A.S.D.
IBAN: IT91 U076 0112 1000 0101 1082 656

ED INVIARE UNA MAIL DI AVVENUTO PAGAMENTO A
ciaomana@gmail.com

LE ISCRIZIONI ED I PAGAMENTI DOVRANNO ESSERE EFFETTUATI ENTRO E NON OLTRE GIOVEDI' 7 MARZO 2013

GRAZIE

venerdì 22 febbraio 2013

VINCERE IL DOLORE E RICOSTRUIRE LA STABILITÁ


  • Per quali ragioni, fra le storie di noi istruttori, si possono riscontrare relazioni così travagliate e dolorose fra maestro ed allievo?
  • Cosa avevamo bisogno di imparare?
  • Che caratteristiche avevano le persone che si sono poste nei nostri confronti con il ruolo di Maestro, o di Insegnante?
  • Sapevano entrare ed uscire con chiarezza dal loro ruolo, o il confine era talmente sbiadito da non consentirci di capire esattamente quando era il momento di relazionarsi col maestro, l’insegnante, e quando ci trovavamo invece di fronte all’uomo, all’amico?
  • Cosa traevano questi siffatti maestri da questo labile confine, e cosa invece ne traevamo noi?
  • Quanta confusione ha prodotto, dentro di noi, questa promiscuità di ruoli?
  • Quanti sensi di colpa o di debito?
  • Quanto ci siamo sentiti feriti e quanto ci siamo arrabbiati con noi stessi, quando ci siamo accorti che, dietro alla promiscuità e la confusione tra i ruoli di maestro, uomo, guerriero ed amico, c’era in realtà una persona irrisolta, risultante molto meno che un maestro, molto meno che un uomo, molto meno che un guerriero, ma cosa più dolorosa di tutte, molto meno che un amico?
  • Abbiamo capito fino in fondo la lezione? 
  • Abbiamo realmente compreso con quali linguaggi possiamo scandire chiaramente, agli occhi dei nostri allievi, il momento in cui entriamo dentro ad un determinato ruolo, segnalando senza equivoci quale sia l’atteggiamento corretto che devono assumere, nel contesto, nei nostri confronti?
  • Se la risposta è no, che cosa ricaviamo da questa promiscuità?
  • Perché ce la concediamo?
  • Cosa perpetriamo con essa?

Molti operatori della crescita personale, della riscoperta di sé, delle arti orientali, le marziali soprattutto, hanno una storia di formazione molto travagliata e dolorosa: i maestri sbroccano, le federazioni come le associazioni ed infine le persone stringono accordi, immaginano grandi evoluzioni, grandi crescite, ma poi litigano, tutto si sfalda, ognuno ritorna a pensare per sé e, svilito dalla frustrazione delle collaborazioni, si permette d’interpretare alla “para su che tonesa” arti che hanno una tradizione millenaria. Gli allievi si ritrovano con tutte le problematiche che ci sono nei bambini cresciuti dentro famiglie conflittuali.

In una società dove gli scismi sono all’ordine del giorno, dove il legante che mantiene sana una relazione è annacquato dal pluralismo delle nevrosi, diventa difficile, per l’individuo, riconoscere la propria condizione di insicuro.

Nel migliore dei casi l’insicurezza conduce l’individuo ad una contorta ricerca di stabilità, che viene prontamente frustrata fino al momento in cui, l’individuo stesso, decide di trasformarsi nella base stabile che non ha trovato da nessuna parte nel mondo. L’individuo si sforza di diventare un punto di riferimento per se stesso e per gli altri. Una nobile intenzione che poggia le sue gambe su un terreno instabile. La formazione non è completa.

  • Quanto può reggere una base ancorata su un terreno insicuro?
  • Chi, fra gli uomini insicuri che si cimentano nell’insegnamento, si è mai chiesto se c’è un legame fra la loro insicurezza di fondo e l’atteggiamento confidenziale che mantengono con gli allievi durante le loro lezioni?
  • Chi, fra gli insegnanti insicuri, si è mai chiesto se la loro necessità di avere un rapporto informale con i propri allievi, non sia un bisogno dettato dall’insicurezza, dalla mancanza di strumenti per fornire un linguaggio sufficientemente complesso da permettere agli studenti non solo di fare dei progressi in direzione dell’insegnante, ma anche di progredire senza perdere la loro direzione?
  • Chi, fra gli insegnanti insicuri, si è mai chiesto se quella confidenza non sia il loro modo di esorcizzare l’insicurezza e di mettersi al sicuro?
  • Chi ha il coraggio di addentrarsi in questa insicurezza, di starci dentro, e di cercare di cambiare i propri schemi per guarirla, facendo in primis un outing, di dichiararsi costi quel che costi, come insegnante insicuro?

Può diventare molto difficile farlo e riconoscere fino in fondo la propria sofferenza interna, quando ci si pone come guida per gli altri, in un mondo così competitivo dove l’immagine, la crosta, fa da biglietto da visita.

È cedendo a questo condizionamento che si perpetuano i danni. Perché arriva un momento, quando decidi di diventare il punto di riferimento per definizione, in cui l’occasione di auto guarirti giunge, giunge sotto forma di relazione, ma per coglierla fino in fondo devi saperti staccare dal ruolo di guida per gli altri, e di riconoscere che lo hai costruito per scappare dalla sofferenza celata dentro l’insicurezza.

Abbiamo bisogno di imparare a rinunciare ai nostri ruoli di fuga da noi stessi per poter svolgere proficuamente il nostro ruolo di sostegno per il prossimo, e paradossalmente, i ruoli di sostegno al prossimo possono essere la fuga perfetta.

Se indulgiamo sulle nostre code di paglia, se non ci sappiamo tuffare in quelle situazioni che mettono in discussione il modo in cui ci relazioniamo ed in cui insegniamo ai nostri allievi, se non sappiamo nuotarci dentro costruendo schemi in grado di trasportarci da un ruolo all’altro chiaramente, consentendoci non solo di essere rispettati dai propri allievi, ma soprattutto di rispettarli, allora non ci accorgiamo che la nostra superficialità sta ordinando al cameriere molto dolore, e dopo che lo avremo mangiato, il ristorante chiederà il conto. Se riusciremo a pagare ci rimarrà il compito di digerirlo.

Ora ci sono insegnanti che gestiscono talmente male la migrazione tra i diversi ruoli della loro vita, che si sono convinti che la vita stessa non sia molto di più che una indigestione di dolore e, signore e signori, questa è la catastrofe dei posteri. La responsabilità di un insegnante è enorme, perché enorme è il potere che in mano ha.

Questi insegnanti che abusano dei loro allievi adulandoli oppure mortificandoli, o peggio ancora con un mix confuso delle due azioni, quando è tempo di mettersi in discussione dicono “non ho tempo”, e quando si rivolgono ai loro allievi dicono frasi quali “Sei una persona che ha delle qualità”, “Questo è un ambiente in cui puoi crescere”, “Qui non c’è competizione ma c’è aiuto reciproco”, “Bisogna essere trasparenti (ma parla per gli allievi naturalmente)”, “Non starò bene fino a quando non ti vedrò realizzato”, ed ipocrisia delle ipocrisie: “Non sono il maestro di nessuno”. Queste frasi sono il modo in cui trasformano l’allievo nel farmaco adatto all’accanimento terapeutico per il loro agonizzante ruolo d’insegnante, guida, maestro o giù di lì. In realtà sono in mutande, ma esercitano la negazione come metodo, quindi portano avanti un intrinseco autolesionismo (mai sradicato) che ha lo stesso sapore dell’anticapitalismo che beve Coca Cola.

Se in qualità di insegnanti fossimo capaci di ammettere la nostra insicurezza, la nostra instabilità interiore, potremmo continuare ad insegnare le tecniche apprese senza vendere false aspettative in chi ha ancora più bisogno di stabilità di noi. Inoltre, con la presa di coscienza, avremmo la possibilità di continuare a lavorare su noi stessi. Al contempo la chiarezza offre la possibilità all’allievo di scegliere se affidarsi totalmente al nostro sapere od integrarlo con altro. Solo attraverso questa onestà e questo rispetto la stima tra maestri ed allievi può crescere nel tempo.

Senza questi atti di umiltà inseriti nei piccoli gesti quotidiani, non nei grandi, o non solo, il nostro ego non troverà mai il coraggio di inchinarsi a chi può offrirci lo schema, la struttura della stabilità di cui abbiamo così profondamente bisogno. Ciò accade perché a contatto con la stabilità percepiamo la nostra insicurezza ed il nostro dolore, ed è più facile fuggire in un ruolo vecchio e conosciuto per sentirci rassicurati, che addentrarsi nelle zone più fastidiose di noi stessi e reinventarsi scientemente. Maestro od allievo è una questione relativa, una questione di gradi, siamo tutti in qualche modo maestri ed in qualche modo allievi, se siamo abbastanza umili e coraggiosi da voler imparare per tutta la vita. Se questa umiltà e questo coraggio vengono fuggiti di fronte a chi è più stabile di noi, di fronte a chi parla un linguaggio più chiaro del nostro, per quanto ci sforziamo di recitare la parte dell’ ALTERNATIVA, non saremo né più né meno che i ripetitori dei dolori che abbiamo subito.

Pensare che aver subito un danno ci abbia candidato alla guarigione è un inganno sottile. Solo la coscienza, la consapevolezza ti guarisce. Subire un danno ti segnala la presenza di una violenza ma…

  • …dov’è il corrispettivo di quella violenza, dentro di noi?
  • Chi la sta esercitando?
  • Chi ci abita?
  • Chi o cosa ci ha condizionato?
  • Vogliamo guarire la distruttività o vogliamo tenercela com’è?
  • Vogliamo distruggere o vogliamo creare? 
  • Vogliamo crescere o continuare a scimmiottare i guerrieri dei films, aiutando altre persone ad illudersi?
La fenice ha la capacità di risorgere dalle proprie ceneri, ma quando la si confonde con il proprio ego essa diventa la scusa per tenercelo stretto. Eppure senza combustione non c’è cenere ne resurrezione, solo il dolore e l’ostinazione della fuga che si spacciano per un mito. Tutto è travisato: il fuoco della coscienza diventa il fuoco dell’orgoglio, e invece di bruciare la forma esterna della fenice, per consentirle di crearne una nuova più adatta alla sua coscienza rigenerata, esso arde di paura, rabbia, ira, odio, dolore, insicurezza. La fenice dell’ego che risorge dalle ceneri del dolore. La mediocrità travestita da guerriero, la sua caricatura. E cosa potrebbe mai nascere da una negazione inconsapevole, se non la conferma si sé stessa?

A 33 anni e mezzo mi ritrovo ad interpretare diversi ruoli ed a fare outing come insegnante insicuro, ed è per questa ragione che da quest’anno trasferisco la priorità dallo Shiatsu all’Aikido ed all’Aiki Shin Taiso, per quanto riguarda la mia di crescita personale. Molti si sentono a disagio con la forte ritualità di queste discipline, poiché vedono in essa una forma di sottomissione. Ma è l’insicurezza a fare apparire le cose in termini di superiorità od inferiorità. In Aikido l’etichetta è una questione di linguaggio, di ruoli, e soprattutto di rispetto…profondo profondissimo rispetto. Questo rispetto produce stabilità che a sua volta fornisce la base insostituibile di qualsiasi forma di guarigione. È nella stabilità che le nostre tensioni psicocorporee possono sciogliersi ed offrirci un rigenerato modo di relazionarci a noi stessi ed al prossimo. Ringrazio con tutto il cuore i Maestri Marco Favretti e Paolo Salvadego per la piacevolissima chiacchierata di lunedì sera; li ringrazio per le loro risposte, ed in particolare ringrazio il Maestro Salvadego per le sue domande. È grazie a quelle domande che ho potuto rompere gli indugi nel riconoscere che, dopo tanta fatica, tanti anni di studio, tanti soldi spesi, bisogna dare una rafforzata alle fondamenta prima che il castello vada troppo in alto.

Gli istruttori di arti marziali che operano a Mana li conosco, in alcuni casi abbiamo condiviso un buon numero di anni decorati dai casini più deliziosi che la complessità umana sappia generare, e mi avrebbe fatto molto piacere vederli partecipare a questa lezione di così alto livello e totalmente gratuita. Non l’ho preteso e non ho insistito perché una forzatura avrebbe provocato una distorsione del messaggio. Mi sarebbe piaciuto che partecipassero come amico, perché voglio loro bene, perché so da dove veniamo e so dove potremmo andare se certi nodi venissero sciolti. Avrei voluto che partecipassero come presidente dell’associazione, perché essendone il responsabile è mio compito dare una indicazione di qualità, e l’Aikido proposto in questa sede lo è. Avrei voluto che partecipassero come atto concreto di fiducia nei miei confronti, dato che nei momenti di difficoltà e di lacrime mi è stato chiesto qualcosa che sconfinava dall’aiuto e dal consiglio. E qui avrei bisogno di discutere per capire con quale ruolo dovrei trovare la giusta distanza per certe richieste. Ma se temporaneo, anche l’aiuto che il guerriero rifiuta di dare a se stesso può essere amato ed accolto. Purché il guerriero si mantenga vigile sulle parti del proprio corpo che sono abitate da altri che se stesso, purché sappia tornare ad entrare nel proprio corpo con la coscienza per evitare di trasformarlo in un blocco di muscoli sempre più rigido.

In fin dei conti son sempre fresche le parole del dialogo tra il maestro Yoda ed il giovane Anakin Skywalker (futuro Darth Vader).

Y: Paura di perderla tu hai!
A: Che centra questo?
Y: Con tutto centra. La paura è la via per il lato oscuro, la paura conduce alla rabbia, la rabbia all’ira, l’ira all’odio, e l’odio conduce alla sofferenza. 

Le arti marziali dovrebbero condurre a vincere la paura, ma non la paura dei grandi pericoli e nemici esterni, ma delle nostre debolezze interne. Senza la spietatezza della dolcezza, il nostro cuore è perduto. Cor-aggio!

lunedì 18 febbraio 2013

FALLIMENTI MONUMENTALI

Ci sono ostentazioni che servono a togliere visibilità all'insicurezza. Ed è in queste circostanze che l' "IMPEGNARSI" più duro non riesce ad andare più in là di un ben addobbato "VANEGGIARE". Il culmine del successo allora si riduce alla realizzazione di un'isteria collettiva, che i vaneggiatori più impegnati trasformeranno in un marchio. NOBILITARE LA MENZOGNA ED IL DISCONOSCIMENTO DI SÉ è l'attività principale di chi non riesce a smettere di ridurre il senso più profondo della propria vita ad una frustrante VITTORIA DI PIRRO. É un peccato: la vita offre doni in abbondanza per crescere, e loro si preoccupano di come salvare le apparenze.

venerdì 15 febbraio 2013

Aikido, Paolo Salvadego Shihan, Lunedì 18 febbraio 2013, Mestrino PD

É con immensa gioia che ho appreso, dal Sensei Marco Favretti, che lunedì 18 febbraio 2013, dalle ore 19:30 alle ore 21:00, la lezione di Aikido sarà tenuta da Salvadego Paolo Shihan. É una bellissima sorpresa che giunge nel fine settimana, e non avrà il tempo materiale di arrivare a molte persone. É perciò un'occasione molto speciale per chi volesse incontrare l'aikido con la certezza di vederlo proposto da un alto livello di competenza, sia che si tratti di appassionati delle arti marziali, sia cultori di pratiche bioenergetiche, sia profani curiosi di conoscere.

Paolo Salvadego Shihan

Nato nel 1954, pratica l’aikido dal 1969 e dal 1985 segue gli insegnamenti del Maestro Andrè Cognard grazie al quale si avvicina alla figura di Kobayashi Hirokazu Soshu  per il quale organizza alcuni stage a Venezia.
Nel settembre 1989, su indicazione dello stesso Maestro Kobayashi Hirokazu, crea l’Accademia di Aikido e Cultura Tradizionale Giapponese.
Nel 1998 riceve l’onore di essere tra i membri fondatori della Kokusai Aikido Kenshukai Kobayashi Hirokazu Ryu Ha.
Attualmente Nanadan (7° dan), Paolo Salvadego è in possesso del titolo di Shihan della Kokusai Aikido Kenshukai e del titolo di Kyoshi conferito dalla Dai Nippon Butokukai, dalla quale ha ricevuto l'incarico di organizzatore ufficiale, per l'Italia, della Kobayashi Hirokazu Ryu Ha.
Oltre che a dirigere l’Accademia di Aikido e Cultura Tradizionale Giapponese, Salvadego Paolo Shihan organizza stage di aikido e Aikishintaiso per il suo Maestro Andrè Cognard ed è stato chiamato a tenere stage di aikido in Italia ed altri Paesi europei ed extraeuropei.
Con l’autorizzazione del Maestro Andrè Cognard dirige stage e atelier di Aikishintaiso.

venerdì 8 febbraio 2013

messaggio al cuore dal mondo dell'arte.

CORPO, MENTE E SPIRITO. MA SENZ'ARTE, LA DISCIPLINA SI RIDUCE A RIGIDITÀ. Ecco a voi un piccolo rimedio.

mercoledì 6 febbraio 2013

La scarsità come condizionamento sociale

  Miseria e frustrazione sono matrici capaci di creare, mantenere, espandere e replicare emozioni in grado di sconnettere l'individuo dal suo io più profondo e dalla fonte di energia spirituale, lasciandolo in PREDA agli stimoli esterni.
Più o meno aprivo così il capitolo “La decadenza sistemica” del libro “Il nuovo spirito dell'attivista”. 


  • Che cosa significa quando un individuo è in preda agli stimoli esterni?
  • Come si diventa preda di uno stimolo esterno?   
  • Come fa uno stimolo esterno a diventare predatore?   Cosa si mangia quel predatore?
  • Chi o cosa è capace di concepire un predatore feroce al punto da rappresentare validamente la violenza, di chi sceglie di finire fra i suoi denti pur di non riconoscersi allo specchio?
  • Chi riesce ad ipotizzare che essere preda sia una scelta inconscia, una strategia sottile, per darsi il permesso di negare l'esistenza dei propri denti aguzzi, artigli affilati, e desiderio di cannibalismo?
  • Chi è capace di accorgersi che le prede nascondono certe realtà dentro sé, perché è esattamente là che esse stesse non andrebbero mai a cercare?
  • Chi è capace di guardare a ciò che ormai è considerato come comportamento quotidiano, popolare, condiviso dalla società, come ad una delle più contorte perversioni che si siano mai viste sulla faccia del pianeta?
  • Chi è capace di cominciare a vigilare su se stesso e continuare a farlo giorno dopo giorno, senza cedere ai quotidiani tentativi del circostante, di convincerci che in fondo “mal comune mezzo gaudio”, che siccome “così fan tutti”, che “dal momento che l'economia è legge”, sia maturo diventare parte integrante ed integrata di questa perversione?
  • Chi è capace di rispondere quotidianamente a questa perversione istituita a legge, senza sviluppare delle nevrosi in grado di sabotare la genuinità del suo relazionarsi con il prossimo, e senza sviluppare delle ideologie o contrazioni dello spirito che lo spingono a semplificare i rapporti in due macrocategorie: o amico o nemico?

Magari un giorno ne fosse capace l'uomo comune, il cittadino! Magari ci fosse una società intera di cittadini in grado di rispondere in modo veritiero a queste domande! Magari la società fosse capace di guardarsi allo specchio! Magari ci fosse una civiltà in grado di comprendere profondamente il valore spirituale della RELAZIONE, della DIVERSITA', del RAPPORTO CON L' ALTERITA' cioè con ciò che è diverso da sé! Magari si comprendesse fino in fondo come tutto ciò sia INTRINSECAMENTE LEGATO con la crescita personale! Solo allora, probabilmente, si potrebbe parlare con ragione di CIVILTA'!

Ma in una società che è intrinsecamente BARBARA, dove gli stessi PROMOTERS della crescita personale devono scegliere se dare la priorità al valore più profondo della relazione, o a quello della parcella che dà loro la pagnotta, in una società dove per sopravvivere si è obbligati a scegliere la seconda opzione, e la parola scelta è solo il suono che maschera il condizionamento beh…per i PROFESSIONISTI DELLA CRESCITA PERSONALE è d’obbligo essere profondamente consapevoli dei condizionamenti ai quali non hanno il potere di sottrarsi, ed anche di dichiararli al cliente. E’ una questione di qualità.
Il condizionamento dal quale nessuno può sottrarsi è la scarsità. Quindi chi si occupa di crescita personale DEVE fare i conti con miseria, frustrazione e scarsità. Pensare di lasciarsele alle spalle, e continuare ad aiutare gli altri, è una mera illusione, perché chi ha bisogno d’aiuto vive queste condizioni, e chi aiuta veramente deve comprendere prima il punto di vista di chi è bisognoso d’aiuto, e poi offrirne uno nuovo, non viceversa. La comprensione di un punto di vista non può essere solo una questione concettuale e di linguaggio verbale, necessita di compassione. Non parliamo della compassione che compatisce, ma della compassione di chi è capace di immedesimarsi nelle emozioni dell’altro. C’è differenza tra compassione e buonismo. La prima onora la relazione, il secondo la parcella.


Nella cosiddetta relazione d’aiuto inoltre: 

  • dov’è il confine tra aiutante ed aiutato? 
  • Se quel confine c’è, chi o cosa lo traccia? 
  • A quale scopo?
  • Quello scopo da cosa è legittimato?  

Molte persone fanno i terapisti e cercano nei clienti i blocchi energetici che li frustrano e li rendono dominati da qualcosa o qualcuno: un trauma, una situazione irrisolta, un problema non elaborato bene. La negazione di una ferita, di un dolore, o della superficialità con cui perpetriamo atteggiamenti dannosi per il prossimo, perché ci danno da mangiare, da sopravvivere; è un’autolimitazione talmente funzionale che neanche un PROFESSIONISTA DELLA CRESCITA PERSONALE riesce ad individuala dentro sé. Spesso non riesce a trovarla proprio perché si considera così: PROFESSIONISTA.  


  • Se per essere PROFESSIONALI siamo costretti a delle negazioni, chi o cosa ci manipola? 
  • Di chi o cosa siamo schiavi?
  • Se per fare i PROFESSIONISTI DELLA CRESCITA PERSONALE ci costringiamo a negazioni su noi stessi e sul nostro comportamento, chi o cosa ci spaventa al punto da farci fingere che non esista?  


Ognuno può tentare di dare le sue risposte, io provo a proporne un poche: Quando un individuo è preda degli stimoli esterni significa che ha paura di sé stesso, che non riesce a riconoscersi per come effettivamente è. La distorsione esistente fra come egli è realmente e come si percepisce è talmente alta da renderlo dipendente da persone, eventi, situazioni, cose e prodotti che possono continuamente riconfermare quell’immagine che la persona ha e vuole avere di sé stessa. Quell’immagine è in perenne evanescenza, instabile, insicura, perché fittizia, un vero e proprio ologramma dello spirito nato dalla rinuncia all’esplorazione del proprio centro, dalla dimenticanza della propria forza interiore. Figuriamoci se in una condizione simile l’individuo può riuscire a vedere nell’alterità un’occasione di rinnovo e trasformazione dell’identità. 
Se gli stimoli esterni sono perenni, violenti, e tolgono lo spazio per il silenzio, la calma, la pace, la tranquillità, la lentezza, se spezzano le idee in pensierini talmente frammentati e superficiali da non saper scalfire neanche le apparenze del fondo tinta di Emilio Fede, allora quegli stimoli diventano predatori del nostro senso della vita. Se quegli stimoli esterni ci frammentano il pensare al punto da toglierci la capacità di essere consapevoli di come la scarsità ci sta rendendo TUTTI degli esasperati all’inseguimento del denaro (tanto o poco non fa differenza), allora la nostra anima è già tra i denti del predatore e, le nostre PROFESSIONALITA’, sono gli alibi irrinunciabili di chi ha bisogno di negare il proprio spirito, per poter reggere di fronte alle proprie azioni quotidiane. Se potessimo osservare le azioni che facciamo tutti i giorni, con la consapevolezza olistica del nostro spirito, ci vergogneremmo di noi stessi. D’altro canto, se decidessimo in favore di un rovesciamento di tendenza, ci renderemmo immediatamente conto dei giganti ostili, dei quali le dimensioni ci farebbero perdere la fiducia che sia possibile cambiare il mondo, nonostante la loro presenza. Così, bloccati tra la vergogna e la paura, ricacciamo il nostro spirito nel nostro oblio interiore e tiriamo avanti, raccontandoci le scuse più disparate, ma la verità è che nella sfiducia di poter contribuire ad un cambiamento collettivo, abbiamo rinunciato a rinascere dalle  nostre ceneri. Dovremmo recuperare il coraggio di lasciare che la consapevolezza più profonda che abbiamo incenerisca le false immagini di noi stessi, ed è interessante che, solitamente, tale possibilità sia facilitata dalla relazione, e da un sano atteggiamento nei confronti della stessa.  


Tutti i confini che vengono tracciati tra amico e nemico, tra preda e predatore, tra cittadini e governanti, tra bene e male, tra buoni e cattivi, tra cultura e barbarie, tra democrazia e dittatura, tra terapista e cliente, sono confini funzionali a trasformare spiritualità e relazione nell’ennesimo stimolo esterno, ennesimo surrogato, ennesimo prodotto. Questo ricatto dell’era del mercato, della vetrina e della mercificazione non aiuta a comprendere che tutti questi estremi sono lati di un’unica medaglia, sintomi di un’unica malattia collettiva della quale siamo tutti inconsapevoli agenti, e quella malattia si chiama ASSENZA DI SPAZIO, ovvero VIOLENZA.
Nel disperato tentativo di promuovere ciò che personalmente riteniamo sia BENE, e di difenderlo da ciò che personalmente riteniamo MALE, togliamo spazio ai conflitti tra le diversità, che in questo modo non riescono ad esprimere pienamente la propria visione del mondo e, come conseguenza, non possono neanche offrirci la possibilità di integrarla. Siamo stati tutti educati ad identificarci nei nostri sistemi di valori, e ci sentiamo legittimati a chiudere gli altri in anguste scatolette ed etichette ogni qualvolta riteniamo che difendere quei valori sia BENE. Il nostro senso d’identità è costruito in modo talmente superficiale che non ci accorgiamo di difendere quei valori perché ci sembrerebbe di morire perdendoli. Tutte le nostre fedi, le nostre visioni del sovrasensibile, i nostri veggenti ed illuminati, tutte le lauree, i corsi e gli attestati, non servono però ad evitare gli esiti scontati di questo malcostume, che rappresenta degnamente il valore dell’occidente, lo zeitgeist, la tendenza: mancanza di spazio per il conflitto creatore, incapacità di relazionarsi serenamente con l’alterità, difesa di surrogati d’identità e difesa del territorio, scarsa presenza del proprio spirito. In una parola: macrostress.

domenica 6 gennaio 2013

PERSONALE COLLETTIVO / COLLETTIVO PERSONALE


Vivere in una comunità richiede impegno e maturità. L’impegno è una questione di volontà, la maturità di esperienza. La volontà deve esserci, la maturità si acquisisce con le esperienze. Una comunità è di certo catalizzatrice di esperienze, perciò possiamo dire che se c’è l’impegno, la maturità giunge.

Uno dei punti fondamentali che contraddistingue lo sviluppo di una figura dirigenziale, è la capacità di distinguere tra i problemi personali ed i problemi collettivi. Quando il collettivo ed il personale si mescolano la soluzione dei problemi diventa dolorosa e tragica, perché c’è sempre qualcuno che si trova a pagare per conto di qualcun altro.

Che piaccia o meno, nel nostro settore il personale ed il collettivo capita che si mescolino. I motivi principali sono cinque: innamoramenti, sesso, soldi, immagine e prestigio. A causa di questi fattori le persone immature cominciano a mentirsi, a dissimulare, a dire una cosa per un'altra, propagandare mezze verità, seminare zizzanie, nutrire invidie, gelosie, rancori, meditare vendette, ed a fare buon viso a cattivo gioco…in breve…la collettività diventa un luogo pesante, finto ed indegno di fiducia.

Se l’individuo non fa delle scelte radicali per arginare questi comportamenti, diventa un agente di contagio, un untore, e si ritrova invischiato nel vortice del pettegolezzo. Tutto si riduce ad un puttanaio. Ad una cloaca di meschinità.

La tendenza non dichiarata a questo punto è la formazione di collettività di consenso o di dissenso a qualcosa o qualcuno, dove si osserva la disdicevole abitudine a ridurre la complessità del reale al semplice “o amico o nemico”. Questa barbarie gratuita, capace di negare e reprimere mondi di sentimenti, ed attuata all'unico scopo di compiacere il bambino ferito che è in noi, spinge la società a trasformare i collettivi in istituzioni del torto, il quale diventa l’unico linguaggio possibile. Ecco che qualsiasi azione compiuta da un collettivo risulterà come “subire un torto” da parte di un altro. Il risultato sociale che se ne avrà sarà l’istituzionalizzazione del torto, il torto come forma di governo di una massa di individui ridotta a puntarsi il dito contro.

Ci sono individui che si sollazzano piacevolmente in questa miserabile realtà, altri che delusi, nauseati, sfiduciati si ritirano nelle proprie quattro mura domestiche, finendo col disinnescare la magia della propria vita. Altri ancora invece reagiscono e mettono in guardia, tentano di costruire realtà alternative, e trovandosi a contatto con la vecchia dinamica del torto, prendono delle contromisure radicali. Chi si sollazza ha due possibilità: la prima, aizzare contro coloro che reagiscono tutto il mondo del “dito e del torto” con la demagogia della democrazia, facendoli apparire come dittatori; la seconda, cercare di vigilare su di sé per individuare le proprie ferite di bambino e la propria tendenza a battere i piedi a terra per pretendere ciò che reputa gli sia stato tolto, innescando un meccanismo che è invece intrinsecamente democratico (e non demagogico), cioè quello della responsabilità di se stesso. È solo a questo punto che si aprirà per lui la possibilità di abbandonare la tendenza alla vendetta e ad altre contorte forme di soddisfazione per passare al riconoscere una dignità ai bisogni propri ed a quelli di chi lo ha ferito, senza paragonarli ad astratte moralità (per quanto socialmente accettabili). Ed è in seguito a ciò che l’adulto che è in lui sarà capace di lasciare andare alle sue spalle ciò di cui non ha più bisogno, per lasciare spazio a ciò che può gratificarlo più pienamente. Solo individui così maturi possono generare una collettività degna di questo termine.

Ci vuole impegno e maturità…è un appello.

Il presidente